Gianfranco Ragona ragiona sul momento attuale e non solo, curatore dell’antologia “La comunità anarchica” di Gustav Landauer, testo creato a partire dalla vita e dalle opere del filosofo e pensatore libertario tedesco. Scheda libro – https://eleuthera.it/scheda_libro.php…
L’itinerario biografico e politico di Gustav Landauer (Karlsruhe, 7 aprile 1870 – Monaco di Baviera, 2 maggio 1919) attraversa tutti i grandi eventi della sua epoca, dai congressi della Seconda Internazionale, dove matura la separazione tra socialdemocrazia e anarchismo (anche se lui si definirà sempre, ostinatamente, anarco-socialista), alle manifestazioni pacifiste per prevenire lo scoppio della prima guerra mondiale e nella Repubblica dei Consigli di Baviera dove troverà la morte il 2 maggio 1919, barbaramente massacrato da un plotone di Guardie Bianche nelle quali militavano anche alcuni futuri gerarchi nazisti.
Nonostante l’epoca drammatica in cui vive, Landauer è fermamente convinto che un altro mondo è non solo necessario ma anche possibile qui e ora. Così innesta nel suo pensiero politico elementi «eretici» che gli consentono di elaborare una visione originale del mutamento sociale. La rivoluzione non è più vista come un atto, ma come un processo al cui centro pone l’individuo comunitario, ovvero l’individuo impensabile come singolarità in quanto frutto delle sue relazioni con gli altri. Una concezione controcorrente che fa di Landauer un pensatore quanto mai attuale e innovativo, nonché una delle menti più lucide e appassionate della Rivoluzione sociale e socialista in Baviera dove ebbe anche ruolo come ministro della Cultura (Bayerische Räterepublik).
Gianfranco Ragona (1971) è ricercatore di Storia del pensiero politico all’Università degli Studi di Torino. Tra le sue pubblicazioni si segnalano: Maximilien Rubel (1905-1996). Etica, marxologia e critica del marxismo, Milano, FrancoAngeli, 2003; Gustav Landauer. Anarchico ebreo tedesco, Roma, Editori Riuniti University Press, 2010; Gustav Landauer. A Bibliography (1889-2009), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2011.
GIORNO 15 DICEMBRE INIZIO ALLE 17:30 Presso Comitato di Solidarietà Popolare “Graziella Giuffrida” (Via Vittorio Emanuele n. 476) CATANIA
– 17:30 Assemblea dibattito sui fatti legati alla Strage di Piazza Fontana e alla repressione oggi. – 19:30 CENA a cura della Brigata Arditi del Mestolo “Lescassarôles” – 20:00 Proiezione in anteprima a Catania del Documentario di Matteo Bennati e Maurizio Scarcella 12/12 – Piazza Fontana (il documentario durerà circa due ore ed è ricco di materiale inedito con testimonianze dirette dei protagonisti di allora)
È doveroso in questo anniversario tornare a ribadire come la strage di Piazza Fontana altro non fu che una “Strage di Stato”. Questure, giudici e stampa borghese provarono a far ricadere la colpa su alcuni anarchici depistando le indagini per decenni. Oggi appare facile documentarsi su questi fatti e questo, ricordiamolo, solo grazie a una vasta e trasversale campagna di contro-informazione e di mobilitazioni che denunciarono all’opinione pubblica quella che fu denominata la “Strategia della Tensione”. La democrazia borghese con i suoi apparati statali legati ai servizi segreti, assieme all’intelligenza atlantica filo-americana [vedendo in pericolo i propri privilegi e il proprio potere e temendo, quindi, un cambiamento politico e sociale davvero radicale con il rischio di una possibile fuoriuscita dalla NATO], si servirono di una “manovalanza” nazi-fascista per compiere una serie di attentati. Questo servì per criminalizzare e reprimere sistematicamente tutto quel grande e variegato movimento, composto da operai e studenti, che dal Nord al Sud aveva cominciato a smuovere efficacemente quelle forze che avrebbero potuto lasciarci un’ Italia diversa, non il paese corrotto e al collasso in cui oggi viviamo.
In primissima battuta a pagarne le spese fu l’anarchico ferroviere ex staffetta partigiana Giuseppe Pinelli, che il 15 dicembre, dopo essere stato convocato dal commissario Luigi Calabresi, fu tragicamente “defenestrato”, affermiamo noi assassinato, proprio durante l’interrogatorio nella questura di Milano. Su questa tragica morte i giudici chiusero la questione affermando che non fu né un suicidio (come all’inizio vollero far credere) né un omicidio. È davvero grottesco come per l’occasione coniarono il nuovo termine “malore attivo”. Con questa sentenza lo Stato si autoassolse per l’assassinio. Ci teniamo a ricordare come la direzione dell’ufficio di Calabresi fosse subordinata all’operato dell’agente segreto Silvano Russomanno (ex combattente della Repubblica Sociale Italiana) che allora era vice dirigente dell’UAR (Ufficio Affari Riservato) e presente anch’esso nella questura di Milano, assieme ad altri agenti dei servizi, durante quei drammatici giorni. L’UAR era un organo incaricato dal ministero degli interni a compiti di intelligence e controllo politico e riusciva ad infiltrare, con spie e provocatori, i maggiori gruppi e partiti politici di allora. Le sezioni dell’UAR di Milano e Roma indirizzarono le indagini affinché la colpa delle stragi ricadessero sugli ambienti anarchici. In seguito, si accertò come i servizi segreti nazionali furono gli esecutori, assieme a quei nuclei nazi-fascisti, di quella “stagione di stragi” su mandato occulto dei servizi segreti USA. Subito dopo la morte di Pinelli fu il turno dell’anarchico Pietro Valpreda e di altri suoi compagni che scontarono anni di carcere ed esilio per accuse che poi si rilevarono del tutto infondate.
Ci vollero anni di indagini sotto la continua pressione di mobilitazioni [tra queste vogliamo ricordare la manifestazione del 12 dicembre 1970 indetta dagli anarchici milanesi, in cui fu ucciso il comunista internazionalista Saverio Saltarelli, colpito da un candelotto lacrimogeno sparato dalla celere ad altezza d’uomo] e contro-informazione [in quel clima di “gogna mediatica” e “caccia alle streghe” i compagni, gli avvocati e i giornalisti, che resero pubbliche le inchieste con versioni diverse dalle indagini portate avanti da giudici e questure, vennero isolati e criminalizzati] per riuscire a discolpare totalmente gli anarchici che furono accusati, riconoscendo così la piena colpevolezza dei veri autori.
Gli appartenenti al gruppo nazi-fascista Ordine Nuovo, non solo non pagarono per i reati che dopo anni gli furono attribuiti, ma hanno continuato impunemente a riciclarsi, alcuni pure animando e ispirando l’odierno movimento neo-fascista tutt’ora attivo. Nonostante ciò che successe 50 anni fa, oggi vengono abitualmente ritrovati arsenali di cellule nazi-faziste in giro per l’Italia e un ex-ministro degli interni si è permesso, durante la sua carica, di far editare la propria biografia da una casa editrice neo-fascista.
Ancora oggi, dopo 50 anni, sono sempre in corso tentativi di revisionismo rispetto quelle tante scomode verità. Oggi potrebbe essere facile raccontare quanto è successo, invece si evita di denunciare il clima allora imperante e la complicità sia di chi voleva insabbiare sia di quei tanti soggetti che nell’arco istituzionale avvalorarono tesi, poi rivelatesi infondate e strumentali. In questo anniversario c’è il rischio che la stessa democrazia borghese, il vero mandante di quelle Stragi di Stato, oggi si intesti ed edulcori la memoria di quei fatti, auto-assolvendosi; continuando a marginalizzare i soggetti, ancora presenti, a cui andrebbe riconosciuto, invece, il gran merito di aver fatto emergere con grande sacrificio quelle verità che oggi noi tutti dobbiamo difendere affinché ciò che davvero è successo rimanga di dominio pubblico senza edulcorazioni.
Per questo motivo come Laboratorio Libertario Landauervogliamo rivolgerci a tutte le realtà e individualità antifasciste catanesi per dibattere assieme su quel periodo così controverso. La memoria di questi fatti rappresenta oggi un patrimonio da ricordare e difendere perché ci aiuta a comprendere come i poteri forti di allora siano arrivati a consolidarsi così tanto oggi al punto di divorare il nostro futuro. Ciò che successe ci mette ancora in guardia rispetto ai dispositivi repressivi che possiede lo Stato avvalendosi, non solo di strumenti istituiti durante il periodo fascista (ovvero il Codice Rocco), ma anche creandone di nuovi (Decreto Sicurezza 1 e 2). Questi strumenti nelle lotte vengono ancora oggi utilizzati all’occorrenza soprattutto per reprimere chi dal basso si oppone al neo-fascismo, alla crisi, al militarismo, alla gentrificazione e al controllo sempre più onnicomprensivo.
VI INVITIAMO ALL’INCONTRO ORGANIZZATO GIORNO 15 DICEMBRE ALLE 17:30 nel locale del Comitato di Solidarietà Popolare “Graziella Giuffrida” Via Vittorio Emanuele n. 476 CATANIA
“Le bombe nelle piazze, le bombe nei vagoni, le mettono i fascisti, le pagano i padroni”
””Anarchia non vuol dire bombe ma uguaglianza nella libertà”
La Strage fu di Stato
La mano fu fascista Valpreda Innocente Pinelli Assasinato
Ecco a voi il video, i ringraziamenti e un breve report dell’incontro pubblico che abbiamo organizzato come Laboratorio Liberttario giorno 8 novembre dal titolo “La Rivoluzione in Rojava, l’Internazionalismo e gli Anarchici”.
Ringraziamo tanto il Gammazita per avere ospitato il nostro incontro e avere contribuito in vario modo all’iniziativa.
Ringraziamo il compagno Paolo Andolina che ci ha portato la sua testimonianza diretta rispetto alla rivoluzionaria esperienza di autogoverno, volutamente senza stato, che stanno vivendo e difendendo in Rojava e rispetto alla repressione che molti internazionalisti hanno trovato al loro rientro. Tra l’altro, a Paolo, quel giorno avevamo affidato le redini della Brigata Arditi del Mestolo “Lescassarôles” per la preparazione della cena curda benefit il quale ricavato interamente andrà alla Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia Onlus.
Nonostante eravamo all’aperto con un tempo incerto sono venute circa una cinquantina di persone a seguire la nostra iniziativa. In questa serata ci tenevamo particolarmente a portare un nostro contributo specifico al movimento, concentrando di più le nostre riflessioni sul nostro punto di vista anarchico. Sappiate però che da anni supportiamo la lotta in Rojava mettendo anche da parte sigle e appartenenze affinché si costruisca sempre più dal basso un movimento trasversale e ampio che sostenga e racconti l’esperienza rivoluzionaria di autogoverno che i popoli del Rojava hanno chiamato “Confederazione Democratica della Siria del Nord” e che da circa un mese purtroppo si trova sotto attacco dall’esercito Turco capitanato da Erdogan.
Del contenuto dei nostri interventi forniremo un report dettagliato più avanti. Sappiate che molti non si aspettavano un incontro simile, dove si ritornava a parlare di anarchia in questo modo collegando la questione del Rojava con una visione così internazionalista facendo anche tanti utili collegamenti storici, geografici e di genere, rimettendo così al centro una prospettiva rivoluzionaria. Di certo siamo stati lieti di vedere il pubblico presente ascoltare con molta attenzione apprezzando anche il taglio particolare che abbiamo deciso di dare alla nostra iniziativa. Infatti a conclusione c’è stato un bel dibattito finale con tante domande rivolte soprattutto sul come noi anarchici ci poniamo nei confronti delle istituzioni. A quelle domande inaspettate abbiamo risposto come potevamo, visto la durata dell’incontro, e visto il tempo che richiedeva un così delicato argomento per essere trattato come si deve. Su questo più avanti magari ci riserveremo di fare iniziative specifiche dando più spazio al dibattito che venerdì sera poi a malincuore abbiamo dovuto chiudere per iniziare a servire la Cena Curda Benefit che avevamo con tanto amore rivoluzionario per voi preparato.
Ringraziamo tutti i presenti dandovi appuntamento alle nostre prossime iniziative.
– L’Auto-Organizzazione delle Donne Curde nel Rivoluzione in Rojava;
– Lo stupro e la violenza di genere come arma di guerra;
Dopo il dibattito è stata servita la CENA KURDA BENEFIT (il cui ricavato verrà devoluto alla MezzaLuna Rossa Kurdistan Italia Onlus)
preparata dalla Brigata ARDITI DEL MESTOLO LescⒶssⒶrôleS
La Rivoluzione in Rojava, la solidarietà internazionalista e gli anarchici
La Rivoluzione Sociale in Rojava ha scardinato tutti gli schemi politici degli ultimi 50 anni risollevando una solidarietà internazionalista che forse non si vedeva dalla Rivoluzione Spagnola del 36’. Il popolo curdo da secoli fronteggia persecuzioni e stermini da parte degli stati che negano la sua identità. Negli ultimi decenni però, oltre a lottare per la propria liberazione, i curdi hanno diffuso un avanzato modello di organizzazione popolare e sociale che dal basso li ha portati a conquistarsi spazi sempre più grandi di autorganizzazione fino all’ottenimento di una propria autonomia nella regione della Siria del Nord. In questo modo sono andati oltre una rivendicazione indipendentista evitando di cadere in sentimenti nazionalistici e dando vita a un’esperienza veramente rivoluzionaria e internazionalista.
Oggi quest’autonomia è messa a repentaglio dal vile attacco militare dell’esercito turco di Erdogan con l’ipocrisia degli USA, della Russia e della Siria. Non sappiamo ancora come andrà a finire ma di sicuro l’eroico esempio dato dai curdi nel Rojava ha conquistato il cuore di interi movimenti che in tutto il mondo, nelle ultime settimane, si mobilitano per portare solidarietà alla rivoluzione in Rojava. Potranno, forse, riuscire a sciogliere le Forze Democratiche Siriane che hanno combattuto in prima fila, anche per noi, per estirpare da questo mondo il cancro dell’ISIS ma è sicuro che quei modelli rivoluzionari, fin ora sperimentati in quella regione, non potranno essere “normalizzati” come le grandi nazioni vorrebbero.
La liberazione e l’auto-organizzazione delle donne, l’ecologia sociale e l’autogoverno confederale, municipalista e internazionalista sono ormai un patrimonio consolidato nelle pratiche e nella vita quotidiana di milioni di persone, non solo e soprattutto nella Siria del Nord, ma ovunque nel mondo incominciano a diffondersi tra le popolazioni che sempre più si rivoltano contro i loro Stati che, per loro stessa natura, sono sempre assoggettati agli interessi e ai diktat delle classi dominanti. Infatti l’idea di Stato-Nazione è considerata dai curdi come un modello di per sé fascista e reazionario, totalmente incapace di rappresentare “democraticamente” le complessità e le diversità di ogni regione.
La Rivoluzione in Rojava ha creato un caso internazionale davvero unico aprendo, coraggiosamente e con grande sacrificio, un varco per tutti quei popoli che vogliono fare a meno di chi li sfrutta. I curdi del Rojava assieme ad altri popoli (arabi, armeni, yezidi, assiri, turcomanni, siriaci, ecc) in questa regione, senza distinzione di etnia e credo, hanno abbracciato gli ideali del Confederalismo Democratico. Valorosamente hanno combattuto dando l’esempio su come si possa andare oltre il modello di Stato-Nazione che sta trascinando l’intero mondo nella totale rovina sociale, culturale ed ecologica a cui tutti noi oggi stiamo assistendo.
Per questi motivi, come non succedeva ormai da molto tempo, a questa rivoluzione si sono uniti tantissimi compagni che da tutto il mondo si sono recati nella Siria del Nord dando il loro personale contributo per essere testimoni in prima persona di quanto stava accadendo. Anche tanti anarchici si sono uniti alla rivoluzione e, alcuni di essi, hanno perso la vita per dare il loro sostegno. Tra questi c’è stato anche l’anarchico fiorentino Lorenzo Orsetti soprannominatoOrso Tekoser. La sua morte ha creato una grande e sentita commozione mediatica, frutto della sua generosità e del suo sacrificio per i suoi ideali, che ha permesso di far entrare la sua figura nel cuore dei tanti, che in Italia e nel mondo, credono ancora alla parola Rivoluzione. Ricordando anche al grande pubblico che questa non è solo una parola quasi dimenticata ma può essere “un fatto concreto” per cui poter dare anche la propria vita.
Gli anarchici di tutto il mondo si sono uniti a questa grande solidarietà internazionalista, dopo che il movimento rivoluzionario curdo ha avuto l’incredibile capacità di cambiare radicalmente i propri paradigmi, fino ad adottare nella pratica una rielaborazione nel proprio contesto di una visione più libertaria, che in pochi anni li hanno resi più popolari nel loro intento diradicale rinnovamento sociale.
Vi invitiamo ad approfondire le tematiche fin qui esposte in presenza di uno dei protagonisti di questa solidarietà rivoluzionaria e internazionalista. Avremo il piacere di poter sentire direttamente la testimonianza di un compagno anarchico che si è unito volontario alla mobilitazione internazionalista in solidarietà al Rojava e che al suo ritorno in Italia si è ritrovato, assieme ad altri italiani ex-combattenti delle YPG, sotto la scure repressiva dello Stato. Sono considerati soggetti pericolosi, quando invece per molti di noi, rappresentano una grande testimonianza e un gran patrimonio umano e politico da condividere assieme a voi anche qui a Catania.