50 ANNI DALLA STRAGE DI PIAZZA FONTANA
UNA STRAGE DI STATO – Incontro a Catania
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GIORNO 15 DICEMBRE INIZIO ALLE 17:30
Presso Comitato di Solidarietà Popolare “Graziella Giuffrida” (Via Vittorio Emanuele n. 476) CATANIA
– 17:30 Assemblea dibattito sui fatti legati alla Strage di Piazza Fontana e alla repressione oggi.
– 19:30 CENA a cura della Brigata Arditi del Mestolo “Lescassarôles”
– 20:00 Proiezione in anteprima a Catania del Documentario di Matteo Bennati e Maurizio Scarcella 12/12 – Piazza Fontana
(il documentario durerà circa due ore ed è ricco di materiale inedito con testimonianze dirette dei protagonisti di allora)
È doveroso in questo anniversario tornare a ribadire come la strage di Piazza Fontana altro non fu che una “Strage di Stato”. Questure, giudici e stampa borghese provarono a far ricadere la colpa su alcuni anarchici depistando le indagini per decenni. Oggi appare facile documentarsi su questi fatti e questo, ricordiamolo, solo grazie a una vasta e trasversale campagna di contro-informazione e di mobilitazioni che denunciarono all’opinione pubblica quella che fu denominata la “Strategia della Tensione”. La democrazia borghese con i suoi apparati statali legati ai servizi segreti, assieme all’intelligenza atlantica filo-americana [vedendo in pericolo i propri privilegi e il proprio potere e temendo, quindi, un cambiamento politico e sociale davvero radicale con il rischio di una possibile fuoriuscita dalla NATO], si servirono di una “manovalanza” nazi-fascista per compiere una serie di attentati. Questo servì per criminalizzare e reprimere sistematicamente tutto quel grande e variegato movimento, composto da operai e studenti, che dal Nord al Sud aveva cominciato a smuovere efficacemente quelle forze che avrebbero potuto lasciarci un’ Italia diversa, non il paese corrotto e al collasso in cui oggi viviamo.
In primissima battuta a pagarne le spese fu l’anarchico ferroviere ex staffetta partigiana Giuseppe Pinelli, che il 15 dicembre, dopo essere stato convocato dal commissario Luigi Calabresi, fu tragicamente “defenestrato”, affermiamo noi assassinato, proprio durante l’interrogatorio nella questura di Milano. Su questa tragica morte i giudici chiusero la questione affermando che non fu né un suicidio (come all’inizio vollero far credere) né un omicidio. È davvero grottesco come per l’occasione coniarono il nuovo termine “malore attivo”. Con questa sentenza lo Stato si autoassolse per l’assassinio. Ci teniamo a ricordare come la direzione dell’ufficio di Calabresi fosse subordinata all’operato dell’agente segreto Silvano Russomanno (ex combattente della Repubblica Sociale Italiana) che allora era vice dirigente dell’UAR (Ufficio Affari Riservato) e presente anch’esso nella questura di Milano, assieme ad altri agenti dei servizi, durante quei drammatici giorni. L’UAR era un organo incaricato dal ministero degli interni a compiti di intelligence e controllo politico e riusciva ad infiltrare, con spie e provocatori, i maggiori gruppi e partiti politici di allora. Le sezioni dell’UAR di Milano e Roma indirizzarono le indagini affinché la colpa delle stragi ricadessero sugli ambienti anarchici. In seguito, si accertò come i servizi segreti nazionali furono gli esecutori, assieme a quei nuclei nazi-fascisti, di quella “stagione di stragi” su mandato occulto dei servizi segreti USA. Subito dopo la morte di Pinelli fu il turno dell’anarchico Pietro Valpreda e di altri suoi compagni che scontarono anni di carcere ed esilio per accuse che poi si rilevarono del tutto infondate.
Ci vollero anni di indagini sotto la continua pressione di mobilitazioni [tra queste vogliamo ricordare la manifestazione del 12 dicembre 1970 indetta dagli anarchici milanesi, in cui fu ucciso il comunista internazionalista Saverio Saltarelli, colpito da un candelotto lacrimogeno sparato dalla celere ad altezza d’uomo] e contro-informazione [in quel clima di “gogna mediatica” e “caccia alle streghe” i compagni, gli avvocati e i giornalisti, che resero pubbliche le inchieste con versioni diverse dalle indagini portate avanti da giudici e questure, vennero isolati e criminalizzati] per riuscire a discolpare totalmente gli anarchici che furono accusati, riconoscendo così la piena colpevolezza dei veri autori.
Gli appartenenti al gruppo nazi-fascista Ordine Nuovo, non solo non pagarono per i reati che dopo anni gli furono attribuiti, ma hanno continuato impunemente a riciclarsi, alcuni pure animando e ispirando l’odierno movimento neo-fascista tutt’ora attivo. Nonostante ciò che successe 50 anni fa, oggi vengono abitualmente ritrovati arsenali di cellule nazi-faziste in giro per l’Italia e un ex-ministro degli interni si è permesso, durante la sua carica, di far editare la propria biografia da una casa editrice neo-fascista.
Ancora oggi, dopo 50 anni, sono sempre in corso tentativi di revisionismo rispetto quelle tante scomode verità. Oggi potrebbe essere facile raccontare quanto è successo, invece si evita di denunciare il clima allora imperante e la complicità sia di chi voleva insabbiare sia di quei tanti soggetti che nell’arco istituzionale avvalorarono tesi, poi rivelatesi infondate e strumentali. In questo anniversario c’è il rischio che la stessa democrazia borghese, il vero mandante di quelle Stragi di Stato, oggi si intesti ed edulcori la memoria di quei fatti, auto-assolvendosi; continuando a marginalizzare i soggetti, ancora presenti, a cui andrebbe riconosciuto, invece, il gran merito di aver fatto emergere con grande sacrificio quelle verità che oggi noi tutti dobbiamo difendere affinché ciò che davvero è successo rimanga di dominio pubblico senza edulcorazioni.
Per questo motivo come Laboratorio Libertario Landauer vogliamo rivolgerci a tutte le realtà e individualità antifasciste catanesi per dibattere assieme su quel periodo così controverso. La memoria di questi fatti rappresenta oggi un patrimonio da ricordare e difendere perché ci aiuta a comprendere come i poteri forti di allora siano arrivati a consolidarsi così tanto oggi al punto di divorare il nostro futuro. Ciò che successe ci mette ancora in guardia rispetto ai dispositivi repressivi che possiede lo Stato avvalendosi, non solo di strumenti istituiti durante il periodo fascista (ovvero il Codice Rocco), ma anche creandone di nuovi (Decreto Sicurezza 1 e 2). Questi strumenti nelle lotte vengono ancora oggi utilizzati all’occorrenza soprattutto per reprimere chi dal basso si oppone al neo-fascismo, alla crisi, al militarismo, alla gentrificazione e al controllo sempre più onnicomprensivo.
VI INVITIAMO ALL’INCONTRO ORGANIZZATO GIORNO 15 DICEMBRE ALLE 17:30 nel locale del Comitato di Solidarietà Popolare “Graziella Giuffrida” Via Vittorio Emanuele n. 476 CATANIA
“Le bombe nelle piazze, le bombe nei vagoni,
le mettono i fascisti, le pagano i padroni”
””Anarchia non vuol dire bombe ma
uguaglianza nella libertà”

La Strage fu di Stato
La mano fu fascista
Valpreda Innocente
Pinelli Assasinato

Siamo qui presenti oggi per dimostrare come sono ancora vivi e validi gli ideali degli anarchici e dei libertari pienamente attivi in quel diffuso moto insurrezionale con cui la resistenza partigiana fece cadere il ventennale regime fascista. Il 25 aprile in Italia, se interpretiamo bene la storia senza addomesticazioni di comodo, dovrebbe spregiudicatamente essere riconosciuta come la “Festa dell’insurrezione”. In questa data andrebbe ricordato che ogni vero cambiamento va conquistato con una lotta radicale e diffusa.
Da ora in poi il 25 aprile non sarà una celebrazione fine a se stessa ma bensì un appello alla resistenza a cui siamo tutti chiamati a rispondere, schierandoci e rimboccandoci le maniche al di là delle deleghe. Questo per fermare sul nascere le strumentalizzazioni con cui, da qui in avanti, le classi dominanti proveranno a rendere innocua qualsiasi lotta contro tutto ciò che ci opprime e ci saccheggia; servendosi anche della manovalanza dei gruppi di estrema destra che tentano di porsi come riferimento anti-sistema. Se non si vuole fare il gioco delle destre, bisogna mettere in piedi modelli alternativi concreti di autogoverno dal basso dei territori con il mutuo appoggio e l’autogestione capillare dei servizi e del lavoro, che solo può risanare ed emancipare le comunità tanto disgregate. Solo così di fronte a questo disastro si può contrastare il ritorno a nostalgie verso autoritarismi totalitari provenienti sia dalle frange di estrema destra, sia dal modello liberale e tecnocratico dell’Europa delle banche.
Col clima che viviamo non si può essere sordi a questa nuova chiamata alla Resistenza che, da un atto di rivolta individuale ed esistenziale, si traduca poi in impegno sociale e in un lavoro popolare continuo. Bisogna dimostrare valida la grande sfida che, dall’autogestione diffusa si arrivi a una rivoluzione sociale, che sola può sovvertire i pilastri di questa società attualmente fondata sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Ed è per questo che la nostra solidarietà va ai compagni che hanno combattuto per la Rivoluzione della Confederazione Democratica della Siria del Nord che, tornando in Italia, sono stati colpiti da misure restrittive, mentre decade il reato del saluto fascista. Per queste ragioni sosteniamo la campagna antifascista “#riseup4rojava – smash turkish fascism” della comune internazionalista del Rojava che, in occasione di questa giornata, ha il suo lancio ufficiale. L’obbiettivo è di costruire un fronte internazionale contro il fascismo turco e crediamo che sia necessario lottare per la creazione di un fronte internazionale antifascista che possa ricomporre e dare nuovo nutrimento a un movimento radicale e rivoluzionario in tutto il mondo. Perciò vogliamo liberi subito i 5 studenti che qui a Catania sono stati colpiti dalla repressione per aver arginato nelle scuole iniziative fasciste, ritratti ignobilmente dalla stampa e dalle forze dell’ordine locali nei peggiori dei modi, mentre si permette a formazioni fasciste a braccetto coi vari circoli della lega della provincia di sfilare in corteo per le strade di questa città. Siamo inoltre solidali con i compagni anarchici colpiti di recente dalla repressione a Torino.






